Il Centrocampo
Oggi il centrocampo degli studi musicali e musicologici, non può che essere la popular music. Questa è l'area da cui occorre partire, per rendere gli studenti
consapevoli del “suono in cui viviamo” e capaci di affrontarlo intellettualmente. Da questa piattaforma, da questo centro campo, possono poi partire itinerari che conducono potenzialmente
ovunque. Possono arrivare ai madrigali di Sigismondo D'India, ai “Sechs 6 Lieder nach Gedichten von Georg Trakl” Op.14 di Anton Webern, oppre al gamelan di Giava e Bali (o a quello meno noto di
Sumatra), alle canzoni dei Maori o degli indiani Navajo. Partendo dalla popular music si può arrivare ovunque, anche alla zoomusicologia e alla ecomusicologia. Ma non si può, perché non ha senso,
partire con Bach, Mozart, e nemmeno con Verdi o Puccini. È proficuo invece partire da quello che Franco Fabbri appropriatamente chiama “il suono in cui viviamo”, perché così facendo si applica il
sano principio di Kodály che fondava l'educazione alla musica sulla lingua madre musicale dei giovani (all'epoca, e nel suo caso, si trattava della musica tradizionale magiara), per poi procedere
verso i mondi della musica meno familiari o addirittura alieni. Oggigiorno la popular music, il complesso dei repertori che costituiscono l'orizzonte acustico quotidiano di tutti noi, ha il
diritto di essere il centrocampo e non più la periferia degli studi musicali.
"C'è qualcuno che saprebbe davvero spiegare perché mai un giovane
che preferisce Chopin agli U2 dovrebbe essere motivo di consolazione
per la società? E si è davvero sicuri che, a voler stare là dove il presente
accade, il posto giusto sia un Auditorium e non una sala cinematografica
o una strada?"
Alessandro Baricco