Johann Nepomuck Hummel, il classico dimenticato

 

Hummel visse tra il 1778 e il 1837. Fu quindi un contemporaneo di Beethoven e  Schubert. Hummel attira assai il mio interesse e la mia simpatia; soprattutto perché tra i tanti artisti di valore maltrattati e dimenticati dalla storia, lui più di altri, non merita l’oblio pressoché totale in cui lo si è fatto sprofondare.

 

Hummel fu uno degli allievi preferiti di Mozart (assieme all'inglese Thomas Attwood), studiò poi con Clementi a Londra e infine a Vienna con l’immancabile Antonio Salieri. Hummel riuscì ad essere una curiosa combinazione di compositore-artigiano e compositore-imprenditore. Fu indubbiamente uno dei più acclamati pianisti del primo. Raramente però eseguiva musica altrui e quindi si interessava poco ad apprendere la tecnica pianistica degli altri virtuosi della tastiera; in altre parole, coltivava il suo proprio giardino. Era riverito dai contemporanei come l’ultimo rappresentante del classicismo viennese e, in quanto compositore di musica strumentale, era considerato secondo solo a Beethoven.

 

Hummel era anche versatile. Sapeva cimentarsi con i generi prestigiosi (sette concerti per pianoforte e orchestra) ma scrisse pure musiche per mandolino napoletano (anche Beethoven, peraltro, si era lasciato tentare da questo curioso strumentino). Hummel arrangiò poi anche arie scozzesi per il famoso editore George Thomson, che aveva chiesto pure a Beethoven di fare arrangiamenti del genere. Sia Hummel che Beethoven di musica scozzese non ne sapevano nulla, ma l’intraprendente editore avvertiva che in Gran Bretagna c’era un potenziale mercato per musiche di derivazione folklorica e l’idea di fare arrangiare motivi tradizionali dai più noti autori del momento si rivelò producente. Solo che gli arrangiamenti di Beethoven risultarono ardui e forse un pochino cerebrali e vendettero ben poco. Quelli di Hummel, invece, ben ritagliati sulle capacità del dilettante medio e furono un successo editoriale. Hummel, non mancava evidentemente di senso pratico. Divenne, tra l’altro, un leader tra i compositori del tempo nella battaglia per il riconoscimento legale del diritto d’autore.  

 

Quando a Vienna venne eseguito il suo Concerto in la minore (l’unico mi pare che ancora oggi si esegue di quando in quando), Carl Czerny, il famosissimo didatta, riferì che questa composizione causò la sensazione più straordinaria per la novità della sua forma, la bellezza delle melodie, l’armonizzazione originale e la sostenuta brillantezza dell’invenzione in ogni sua parte. La gente si fermava letteralmente per le strade a discuterne, a parlarne, a commentarla, così come avrebbe fatto per qualche grande evento politico di portata nazionale. Tale era l’interesse che suscitavano gli eventi musicali nella Vienna di allora! Oggi un interesse paragonabile lo hanno invece gli eventi sportivi…

 

 

E se nella Vienna di allora, una città abitata da persone che in fatto di musica avevano un gusto formato e allenato, Hummel era un compositore di primo piano, credo allora che la cultura musicale di oggi almeno un piccolo spazio dovrebbe concederglielo. Hummel fu davvero l’ultimo grande rappresentante del classicismo viennese. Senza Hummel la transizione tra classicismo e romanticismo non la si può comprendere. Voler vedere quella transizione nei cosiddetti “tre stili” beethoveniani, vuol dire mettere gli occhi su di un caso atipico. Anche Beethoven assume più significato se visto in contrasto a Hummel.