Architettura...per le orecchie
Spesso si parla di architettura, i giornali se ne occupano anche frequentemente, pubblicando interviste con i grandi architetti. I più famosi tra loro, oggi, sono quasi delle delle vedette, delle “star”, il cui nome arriva perfino all’uomo della strada. Mi pare giusto che agli architetti arrivino fama e riconoscimento, perché fanno una cosa importantissima: organizzano gli spazi in cui viviamo. A seconda di come li organizzano possono aiutarci molto a vivere bene o…a vivere male. Per questa ragione a volte desidero congratularmi con loro e, altre volte, vorrei tirare un po' le orecchie a quelli che queste loro orecchie non le usano proprio. Spesso mi pare anzi che perfino i più bravi tra loro abbiano sì un occhio assai sviluppato ma un senso dell'udito, invece, addirittura atrofico.
Perché dico così? Mi spiego. Molti di noi hanno verificato di persona durante qualche viaggio turistico nell'area mediterranea, l'eccezionale acustica degli anfiteatri della Grecia e anche di quella parte dell’Italia meridionale che veniva chiamata una volta “Magna Grecia”. Queste costruzioni mettono ben in luce l'esistenza di una filosofia complessiva delle attività costruttive, in cui le considerazioni di carattere acustico contribuivano spesso a determinare addirittura la forma e la collocazione stessa dell'edificio. In Grecia, nel Peloponneso, nell'anfiteatro vuoto di Epidauro, per esempio, quello dedicato ad Esculapio, il suono di uno spillo che cade è distintamente udibile in ciascuno dei 14.000 posti a sedere che il teatro contiene (ovviamente in condizioni di silenzio; che poi gli attori greci dell’antichità usassero maschere con megafoni appoggiati alla bocca non prova tanto le scarse qualità acustiche di quei teatri, quanto piuttosto la turbolenza del pubblico di quel tempo). La sua acustica permette, a maggior ragione, di sentire in qualsiasi zona degli spalti, anche nelle ultime file, qualunque suono, anche sussurrato, emesso dal centro del teatro. Per questo l'anfiteatro di Epidauro è oggi una meta obbligata per chiunque visiti la regione, anche per chi non ama particolarmente immergersi nelle antichità e nei siti archeologici.
E oggi, invece? Oggigiorno mi pare che lo studio dell'acustica entri poco nelle facoltà di architettura. Vi entra, semmai, come studio della riduzione, dell'isolamento e assorbimento acustico. Manca la componente creativa, come “usare” il suono architettonicamente. In altri termini, lo studio dell'acustica non pare sia per gli architetti, una guida alla costruzione di luoghi acusticamente connotati, in cui i suoni derivanti dall'agire delle persone che vi abitano possano amalgamarsi in misura adatta a formare un “ambiente sonoro” che distingua un edificio dall'altro, che sia al tempo stesso gradevole, capace di fare sentire a proprio agio. Insomma, manca il "design acustico". Non sarebbe una bella cosa? E invece pare che per gli architetti una grondaia non sia altro che una grondaia, ossia una semplice via di scarico per l'acqua piovana. Il suono che produce, nel migliore dei casi, viene isolato e annullato da intercapedini assorbenti ma non sfruttato come elemento da utilizzare con fantasia per concorrere alla costruzione di una ambientazione acustica.
E' chiaro che la presenza eccessiva, casuale e caotica di suoni e rumori può essere sgradevolissima. Questo lo si chiama appropriatamente “inquinamento” e sono convinto che quello “acustico” non sia meno dannoso al nostro benessere delle forme di inquinamento chimico ed elettromagnetico di cui più solitamente si discute. Ma anche un silenzio eccessivo, quando non necessario, può essere altrettanto sgradevole - ci pensino gli architetti! Magari quando questo silenzio consente alla nostra voce di avere un riverbero che disturba il nostro stesso parlare con un effetto inadatto al tipo di comunicazione che dovrebbe essere ospitata in quello spazio.
Insomma, molta architettura moderna non fa uso di quello che l'acustica, la fisiologia e la psicologia della percezione potrebbero offrirle. Nell'ignorare i contributi delle altre scienze l'architettura attuale, in fondo, dimostra di avere un problema con la modernità. Ne volete un esempio? Posso citare l'avveniristico teatro dell'opera di Sidney. Si tratta di una costruzione assai fantasiosa dell'architetto danese Joern Utzon, molto bella e che oramai per gli australiani è quasi diventata un simbolo nazionale. Entro le mura di questo teatro d'opera, per migliorarne l'acustica, sono stati incorporati spazi vuoti, dei grandi risuonatori cioè, che funzionano ne più né meno (udite, udite), secondo i principi descritti da Vitruvio circa duemila anni fa! Ma è proprio possibile che non si potesse fare altro dopo duemila anni? E' mai possibile che in duemila anni non ci sia stato progresso al riguardo?
Non sperate che le cose cambino di molto in un prossimo futuro. Non intravedo segni di mutamento. Nei prossimi decenni mi aspetto ancora che per i nostri architetti una grondaia continuerà ad essere solo una grondaia, un rubinetto solo un rubinetto e un radiatore semplicemente un radiatore.