Generi musicali
“M'è assolutamente estranea la capacità d'organizzare le mie preferenze,
i miei gusti, i miei desideri, in termini di genere, categorie...”
(Federico Fellini)
I “generi” musicali contano. Pensiamo a come le nostre scelte siano sempre orientate verso di loro. Non decidiamo di ascoltare musica in generale, ma piuttosto una
“sonata”, una “canzone” o un “brano” jazz.
I generi sono importanti in tutte le culture. Sono quasi sacri. Guai a chi li tocca, li manipola, li deforma o li rende impuri. Questo perché gli uomini, i gruppi
sociali e le culture trovano nei generi il simbolo della loro identità. In altre parole, un genere musicale costituisce un spazio discorsivo a cui partecipa una comunità che con esso si
identifica. Coloro che lo frequentano si riconoscono come parte dello stesso gruppo, come persone che hanno qualcosa in comune tra loro; e quelli che non lo frequentano, che non ci si
identificano, riconoscono la sua estraneità. Con i generi la gente ci dice chi è, chi crede di essere, chi vorrebbe essere, con chi preferisce associarsi e da chi invece desidera stare alla
lontana. Per questo ogni tentativo di varcare i loro confini e creare commistioni disorienta e suscita reazione.
Insomma, c’è qualcosa di xenofobo nella natura dei generi, perché sono socialmente selettivi. Nessun genere musicale fu mai concepito per piacere a tutti. Essi esistono per includere qualcuno, ed escludere qualcun altro. Per questo riusciamo ad essere musicalmente onnivori solo con l’ascolto individuale, quello che distacca i generi dal loro ambiente e dalla funzione scciale per cui erano nati. Con l’ascolto individuale, consentito dalla riproduzione elettronica, i generi hanno maggiore circolazione, ma pagano un pedaggio: viene reciso il loro rapporto col sociale. Ascoltiamo così a casa nostra musica narcotizzata, mutilata ed evirata.